E' uscito lo scorso 2 Giugno il nuovo romanzo di Cristiano Pedrini dal titolo "L'isola di Corentin", vi lascio nel post tutte le info!
Autore: Cristiano Pedrini
Genere: Narrativa
Numero di pagine : 174
Formato cartaceo 14x21
Formato ebook: epub/mobi e pdf
Pubblicato con Youcanprint
Trama: L’arte è un potente eccitante capace di offuscare tutto quello che
crediamo importante, a patto di poterci immergere totalmente in essa, e
da essa trarre la linfa che sostiene la nostra ricerca della perfezione.
Corentin ha la sua isola, quel luogo sicuro nel quale si protegge dal
mondo, dove non lascia entrare nessuno. Scrive romanzi e sogna un
grande domani, che tarda ad arrivare, visto il suo straziante passato e
il suo faticoso presente . Le sue giornate trascorrono tra il Monet
Verde, la libreria galleggiante sulla Senna, lasciata in eredità dal
nonno e il suo girovagare per le vie di Parigi. Corentin, seppur abbia
la forza di superare e osare, è chiuso nel suo mondo, nella sua isola
fino all’incontro con Flavie, un noto pittore che lo aiuterà a uscire
allo scoperto e a osare rimettendo in discussione ciò che vuole mostrare
di sé agli altri. La vita, l’amore, l’arte, la cornice romantica
Parigina, i sogni e le speranze… Tutto sarà trascinato dalla ruota di un
destino che porterà i due a riscoprire se stessi, mostrando la bellezza
delicata di quei giorni che sembrano scaturire dalle pagine di una
fiaba tinta dai colori della speranza.
ESTRATTO
Capitolo Secondo
L’antro del mio peggior nemico
La voce dell’anziana donna risvegliò Corentin dal lungo flashback delle sue ultime disavventure.
«Il maestro Cossé può riceverla.»
Sollevò il capo vedendola immobile accanto alla porta socchiusa.
«Avanti, si accomodi» aggiunse con un eloquente cenno della mano.
Il ragazzo si limitò ad annuire rialzandosi e avvicinandosi fino a
sentire il profumo di vaniglia che emanavano i suoi vestiti.
Lo
stesso che aveva anche sua nonna e che quando era piccolo sentiva quando
saliva in braccio per farsi coccolare dopo aver combinato una
marachella, aveva imparato ad amarlo.
Per la verità spesso
combinava qualche guaio di proposito solo per starsene tra le sue
braccia. Se n’era andata molti anni fa lasciando suo nonno Marcel solo
in quella grande città.
«Ha cambiato idea?» gli domandò la donna.
«No, affatto» rispose prontamente decidendosi a varcare la soglia della stanza.
«Il maestro arriverà tra poco. Lo attenda qui» gli raccomandò chiudendo con delicatezza la porta alle sue spalle.
«Bene Corentin, un’altra attesa» mormorò incamminandosi al centro della
grande stanza illuminata da ampie vetrate che si aprivano sulla parete
di fronte.
Il pavimento, ricoperto da un parquet chiaro in parte
consumato, il soffitto a volta, contribuiva a rendere quell’ambiente un
atelier dove la luce naturale era la regina incontrastata coronando ogni
oggetto di una particolare intensità.
Attorno a lui c’erano
diversi cavalletti dove erano posate delle tele coperte da lunghi drappi
di diverso colore ma c’era un particolare che le rendeva simili a delle
comparse.
Corentin aveva notato che tutte erano disposte attorno
ad un cavalletto molto più grande e vuoto, posizionato dinanzi ad una
pedana, di forma circolare coperta da una stoffa simile a seta, di
colore nero.
Si avvicinò osservando quello che dall’alto poteva apparire come un grande opale che risaltava in quell’ambiente così luminoso.
Accanto
al cavalletto c’era un mobile, basso e alquanto malmesso sul cui
ripiano erano riposti, in modo disordinato, ogni sorta di pennelli,
tubetti di tempera e straccetti imbrattati di arcobaleni di colori.
Corentin
si chinò sul mobiletto scrutandolo con attenzione prima di decidersi a
spostare un lembo di stoffa. Lo sollevò notando la tavolozza nascosta
sotto di esso.
La toccò timidamente con la punta del dito,
ritraendolo subito come se corresse il rischio di essere azzannato, ma i
suoi timori scomparvero non appena la prese tra le mani osservandola
con attenzione.
I suoi occhi scivolarono sulla moltitudine di
pennelli fino a che si decise a prenderne uno, molto sottile, con
l’impugnatura di legno nero.
Si voltò verso il cavalletto vuoto e iniziò a muovere la mano, come se stesse dipingendo.
Posò
infinite volte la punta del pennello per poi proseguire in quel gioco
immaginario fino a che una voce, a lui del tutto sconosciuta lo
paralizzò.
«Le persone curiose spesso sono le più prevedibili.»
Corentin sbatté contro il tavolinetto facendo cadere a terra tutto
quello che vi era riposto sentendosi mancare ma non ebbe il tempo di
maledire la sua cattiva stella, si inginocchiò rapidamente, sbattendo le
ginocchia contro il pavimento, raccogliendo pennelli e tubetti sotto lo
sguardo impassibile dell’uomo che cinse le braccia al petto scuotendo
il capo.
Il suo sguardo insofferente racchiuso in quel volto
tondo, scavato da profonde occhiaie che si notavano dietro quelle
piccole lenti rettangolari, mise il ragazzo in apprensione mentre
tratteneva con scarsi risultati una smorfia di sofferenza per le
ginocchia doloranti.
«Di solito non permetto a nessuno di toccare i miei strumenti di lavoro.»
«Però dovrebbe preoccuparsi di ripulirli» si lasciò scappare Corentin osservandosi le mani sporche di pittura.
«Sul terzo ripiano c’è del diluente. Pulisciti con quello» gli rispose
Flavie avvicinandosi ad una scrivania che occupava un angolo della
stanza.
Corentin lo vide spostare una pila di buste gettandole in una cassa di cartone accanto al mobile.
«Come ti chiami?»
«Corentin» rispose lui terminando di ripulirsi il palmo delle mani con uno straccio.
«Età?» chiese di nuovo senza neppure guardarlo, intento a rimettere in
ordine quello che era disseminato sul piano della scrivania.
«Diciannove» rispose, cercando di mascherare la smorfia dopo aver annusato le mani che ora puzzavano come non mai.
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